Secondo la Corte dei Conti Europea, il 26% delle emissioni globali di gas serra sono causate dalla produzione alimentare, con il settore agricolo che è responsabile del 10,3% delle emissioni climalteranti dell’UE. Per compiere delle scelte di consumo responsabili e sostenibili è possibile tenere conto della carbon footprint dei prodotti alimentari.

Questo indicatore permette di conoscere l’impatto ambientale degli alimenti in termini di emissioni di gas ad effetto serra, considerando l’intera filiera alimentare dei cibi. Vediamo nel dettaglio cosa significa la carbon footprint degli alimenti, come viene calcolata e quali alimenti impattano maggiormente sull’ambiente e il pianeta.

Cosa si intende per carbon footprint dei prodotti alimentari

Ogni alimento ha un certo impatto sull’ambiente, dovuto alle risorse naturali consumate per ottenere il prodotto e farlo arrivare fino ai consumatori finali. Per ridurre l’inquinamento e il sovrasfruttamento delle risorse, è possibile ricorrere ad alcuni indicatori. Uno di questi è la carbon footprint, ossia l’impronta di carbonio, un indicatore che calcola le emissioni di gas serra di un prodotto misurate in anidride carbonica equivalente (CO2e). Questa unità di misura serve a esprimere le emissioni di diversi gas a effetto serra in termini di CO2 equivalenti, considerando che ogni gas serra ha un impatto differente sul clima della Terra (es. metano, protossido di azoto).

In pratica, la carbon footprint indica la quantità di emissioni di gas serra, espresse in termini di CO2 equivalenti, di un prodotto, un processo, una persona, una città, un’azienda o un paese. In particolare, la carbon footprint di un prodotto alimentare misura il totale di emissioni di gas ad effetto serra di un alimento, tenendo conto dell’intero ciclo di vita (Life Cycle Assessment o LCA): produzione, imballaggio, stoccaggio, trasporto, vendita, consumo e smaltimento.

Ovviamente, esistono altri indicatori per misurare la sostenibilità degli alimenti. Ad esempio, è importante sapere cos’è l’impronta ecologica nel settore alimentare, ovvero l’insieme delle risorse naturali utilizzate nel ciclo di vita di un alimento. A differenza dell’impronta di carbonio, quella ecologica calcola non solo le emissioni di gas serra ma anche l’impatto ambientale complessivo di un prodotto alimentare, considerando sia le risorse necessarie per produrlo sia la capacità della Terra di rigenerare tali risorse e smaltire i rifiuti generati.

Un altro indicatore di sostenibilità che può essere utilizzato è l’impronta idrica, ossia la quantità di acqua dolce impiegata per la produzione di un alimento, esaminando tutti i diversi tipi di acqua usati durante il processo produttivo (es. potabile, di falda, piovana).

Per quanto riguarda la carbon footprint degli alimenti, l’ente di riferimento a livello globale è il Global Footprint Network, un’organizzazione non profit internazionale fondata nel 2003 che offre strumenti, metriche e indicazioni standardizzate e di facile accesso.

Come si calcola la carbon footprint di un prodotto alimentare

Per calcolare la carbon footprint dei prodotti alimentari bisogna avere un database di informazioni e delle metriche specifiche, partendo da dati attendibili ai quali applicare delle formule matematiche. In questo modo è possibile ottenere un risultato quanto più accurato possibile, per calcolare correttamente le emissioni stimate di gas serra di un alimento tenendo conto dell’intero ciclo di vita del prodotto.

Queste metriche sono messe a punto da studiosi e ricercatori e manca tutt’oggi un processo standardizzato a livello globale, europeo o perfino nazionale sul calcolo dell’impronta di carbonio. La maggior parte delle aziende si affida a organizzazioni come il Global Footprint Network che mette a disposizione tool semplici da usare che permettono alle imprese di calcolare la propria carbon footprint e quella dei loro prodotti.

Quali sono gli alimenti che generano una maggiore impronta ecologica?

Per capire qual è l’alimento più ecologico e quali invece sono quelli che comportano maggiori emissioni di gas serra, prendiamo in considerazione uno studio realizzato recentemente dal Financial Times basato sui dati di CarbonCloud.

Dall’analisi emerge come l’alimento che produce più emissioni di gas ad effetto serra sia la carne di manzo, con 21 Kg di CO2 equivalenti per ogni Kg di prodotto (KgCO2eq/Kg); tuttavia anche i gamberi surgelati hanno un impatto climatico considerevole con 19,9 KgCO2eq/Kg.

Tra i prodotti alimentari a base di latte e derivati il formaggio ha in media una carbon footprint di 14,2 KgCO2eq/Kg mentre la mozzarella 8,7 KgCO2eq/Kg. Tra gli alimenti più sostenibili ci sono naturalmente quelli vegetali, infatti hanno una ridotta impronta di carbonio prodotti come i pomodori (1,8 KgCO2eq/Kg), le carote (0,4 KgCO2eq/Kg) e le mele (0,3 KgCO2eq/Kg). Questo mostra chiaramente le conseguenze ambientali delle scelte di consumo alimentari: la riduzione del consumo di alimenti di origine animale e l’aumento di quelli vegetali ha un effetto positivo sul pianeta.

Per quanto riguarda la produzione alimentare, secondo la Corte dei Conti Europea il 53% delle emissioni di gas serra proviene dagli animali, il 29% dalle colture e il 18% dalla catena di approvvigionamento. In particolare, appena il 5% delle emissioni climalteranti è causato dagli imballaggi, a fronte del 6% dei trasporti, dell’8% per l’uso del suolo per l’alimentazione umana e del 31% per l’allevamento e la pesca. Ad ogni modo, è possibile ridurre la carbon footprint degli alimenti anche intervenendo sul packaging alimentare, preferendo alternative eco-friendly come gli imballaggi ecosostenibili.

Volmar propone soluzioni di qualità per il food packaging, compresi imballaggi a basso impatto ambientale per diminuire l’impronta carbonica ed ecologica. Si tratta di packaging per alimenti ecosostenibili in linea con le normative europee, ideali per le aziende che vogliono diminuire le emissioni di CO2, come gli imballaggi in carta termoformabile, in PLA ad alta barriera, in Mater Bi o in poliestere ad alta barriera (APET Mono).

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